Recensione prima stagione della serie TV “Euphoria”

Euphoria porta sullo schermo le fragilità di una generazione allo sbando, una generazione schiacciata dai drammi esistenziali, da ambienti familiari incapaci di educare, dalla tentazione di facili fughe nell’alcol e nella droga, da rapporti interpersonali talmente superficiali da poter essere paragonati a veri e propri stati di solitudine.
La nuova serie in 8 episodi di HBO ha fatto scandalo per il realismo delle esplicite scene di sesso e per come viene trattato il tema della dipendenza dalle sostanze stupefacenti, ma Sam Levinson ha ideato e scritto una storia con superlativa abilità che, oltre a rappresentare ciò che i giovani vivono, prova a condurci in un intenso percorso per capire le ragioni più profonde dei loro comportamenti.

Il cast

Zendaya è Rue Bennett
Hunter Schafer è Jules Vaughn
Storm Reid è Gia Bennett
Algee Smith è Chris McKay
Jacob Elordi è Nate Jacobs
Barbie Ferreira è Kat Hernandez
Angus Cloud è Fezco
Maude Apatow è Lexi Howard
Eric Dane è Cal Jacobs
Alexa Demie è Maddy Perez
Nika King è Leslie Bennett
Sydney Sweeney è Cassie Howard
Austin Abrams è Ethan

La trama

Euphoria racconta la storia di Rue, giovane tossicodipendente che è appena tornata a casa dopo un ricovero in clinica per disintossicarsi. Rue non è guarita e non appena tornata riprende la sua solita vita dissoluta, ritrova i suoi fedeli spacciatori e ricomincia a fare uso di sostanze stupefacenti, nonostante la madre la tenga sotto stretto controllo e nonostante partecipi ad una terapia di gruppo settimanale.
All’inizio del nuovo anno scolastico, Rue incontra Jules, una ragazza transgender che si è trasferita in città e vive con suo padre, separato dalla moglie. Tra le ragazze nasce una amicizia profonda e, forse per la prima volta, Rue riesce a legarsi davvero a qualcuno, a non essere e sentirsi più sola al mondo.
Attorno alla vita di Rue ruotano altri giovani compagni di liceo, ciascuno con la sua storia particolare, con le sue difficoltà, con le sue debolezze e fragilità.

Nate Jacobs è il quarterback della squadra di football del liceo e sta affrontando un periodo buio legato ai dubbi sul proprio orientamento sessuale; Maddy Perez, una cheerleader che ha sempre sognato di frequentare il mondo dei concorsi di bellezza, vive un rapporto sentimentale malato con Nate: tra continue rotture e riavvicinamenti, provocazioni e ripicche i due spesso arrivano a comportamenti che rasentano la violenza. Chris McKay è un ex liceale, ora al college che sta faticando ad ottenere risultati nel football; Cassie Howard, una ragazza che si innamora di Chris, è tormentata da pettegolezzi e filmati che circolano in rete riguardanti la sua passata attività sessuale. La sorella minore di Cassie, Lexi, è la storica amica d’infanzia di Rue e soffre per il distacco dalla ragazza e per il legame che quest’ultima sta creando con Jules. Kat Hernandez è, infine, un’adolescente sovrappeso, complessata e spesso bullizzata che, tramite internet, trova la strada per esplorare le proprie pulsioni sessuali ed acquisire maggior sicurezza in se stessa.
Gli 8 episodi della serie raccontano la vita di questi ragazzi, le storie che ciascuno di loro vive e gli intrecci tra loro fino all’epilogo che lascia di certo lo spazio per una seconda stagione che HBO pare aver già in cantiere.

La mia recensione

Euphoria rappresenta in modo profondo, a tratti un po’ estremo, l’approccio alla vita delle giovani generazioni moderne totalmente immerse nel mondo dei social networks, giovani quotidianamente alle prese con tablet e cellulari tramite i quali vivono rapporti virtuali che, di fatto, li rendono sempre più soli e distaccati dalla vita reale. Lo scontro tra il mondo virtuale, il desiderio di felicità connaturato e la vita reale condanna spesso i ragazzi ad una vita dissociata ed a disagi crescenti che, in alcuni casi, possono diventare vere e proprie patologie.
La serie non racconta le storie di ragazzi superficiali, sbandati e dediti alle droghe ed al sesso, come potrebbe sembrare ad uno sguardo poco approfondito, ma riesce invece a descrivere l’anima di ciascun personaggio, le debolezze, le paure, ma anche il genio e la sensibilità di una generazione che sembra sempre più arrabbiata di fronte allo scontro con una realtà incapace, ormai, di affermare valori e costruire certezze.

Ritengo che la serie sia meravigliosamente scritta e diretta e lo spettatore è accompagnato nella conoscenza di ciascun personaggio con grande realismo, nel bene e nel male. Nonostante la fuga dalla realtà di cui il sesso libero, l’alcol, l’abuso di sostanze stupefacenti sono catalizzatori e strumenti, i personaggi della serie non sono ragazzi disperati, ma ciascuno a suo modo, con le proprie forze e spesso senza l’aiuto e l’appoggio da parte di famiglie praticamente inesistenti, cercano la loro strada verso il futuro. L’evoluzione dei personaggi nel corso delle 8 puntate della serie è ben rappresentata dalla protagonista indiscussa, Rue, magistralmente interpretata da Zendaya, una ragazza nata con serie patologie psicologiche, perseguitata dall’ansia e dalla depressione che la portano ad isolarsi da tutti ed a trovare rifugio nella droga e nei farmaci. La ragazza riesce pian piano, grazie soprattutto al rapporto con Jules, a fare pace con la vita ed a tornare a sognare un futuro diverso, accettando le proprie paure e debolezze e desiderando, finalmente, di superarle. I monologhi interiori e lo stream of consciousness di Rue sono testi di grandissima profondità che via via che li si ascolta fanno nascere il desiderio di trascriverli e fissarli nella mente.
Attraverso gli altri personaggi la serie affronta tantissimi temi importanti ed attuali: la violenza di Nate incapace di accettarsi perché schiacciato dall’immagine pubblica che lui e la sua famiglia devono mantenere, la transizione di genere di Jules così come i complessi di Kat ci portano ad affrontare argomenti come quelli della diversità, del bullismo, del difficilissimo percorso per l’accettazione di se stessi.

Non si può non esaltare e riconoscere lo spettacolo tecnico, di scrittura, regia e montaggio di questa serie TV. Lo stile di ripresa appare, talvolta, quello di uno spot o di un videoclip e l’effetto è davvero apprezzabile e coinvolgente, soprattutto accompagnato da un editing ritmato e spesso frenetico che sottolinea perfettamente i temi trattati dalla serie e la freschezza, i temperamenti e le azioni di ogni singolo personaggio. La scena finale a cui partecipa Zendaya è una vera e propria coreografia musicale e ci accompagna – in un mix di ballo e “traballo” dovuto agli effetti delle droghe – all’epilogo del finale di stagione.

Ho divorato questa serie sul Box Sets di Sky in due giorni: è stato difficile staccarmi episodio dopo episodio, coinvolto nella vita di questi ragazzi, forse un poco estremi, ma che chiedono soltanto di essere capiti, sostenuti, accompagnati nel loro muovere i passi dentro un mondo che non si presenta, obiettivamente, come uno dei più facili. Come ho già scritto, pare che HBO abbia confermato che ci sarà presto un sequel ed io attendo con ansia la seconda stagione di Euphoria.

 

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